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Donatella Bizzotto

Destini a lume di candela


Non lo so, se abbiamo ognuno il suo destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza. Ma io… io credo… può darsi le due cose. Forse le due cose càpitano nello stesso momento.

Dal film Forrest Gump

Rosina abitava in una casetta di sassi cresciuta poco a poco, man mano che la sua povera famiglia aumentava, sul crinale del solitario Col dei Morosét, nell'aspro territorio dell'alta valle di Schievenin, nell'estremità orientale del Massiccio del Grappa, Davanti alla casetta c’era un dirupo dove potevano avventurarsi solo le capre, a sinistra la casa dei Caròt, a destra un piccolo pianoro coltivato che aveva al centro una pozza-abbeveratoio, alle spalle la cima del Sassumà.

Per arrivarci, lasciandosi il mulino di Galdo alle spalle, occorreva camminare per mezz’ora di buon passo, prima costeggiando il torrente Tegorzo e poi, superata la grotta di Santa Barbara e il primo tratto dell'aspra Val dell'Inferno, inerpicandosi su per la montagna lungo un sentiero stretto e sassoso che si faceva spazio fra abbracci di carpini e noccioli.

Le sarebbe piaciuto tanto continuare ad andare a scuola ma aveva potuto frequentarla solo tre anni; il tempo sufficiente, però, per imparare ad amare la lettura e a cavarsela discretamente con carta e penna. Conosceva moltissime storie lette su libri e riviste religiose che le prestava il parroco o apprese da un suo fratello diventato frate francescano, che aveva acquisito l'abilità di trasformare le opinioni dei Padri della Chiesa e di altri filosofi e letterati in aneddoti morali per tutti, anche per le persone meno istruite. Ma Rosina si distingueva anche per la sua discrezione e la sua pacatezza nel ragionare e nel parlare con altri, nonché per il suo carattere sereno e paziente, qualità che mantenne fino all’ultimo giorno della sua vita.

Fu così che le ragazze da marito, spesso analfabete, le chiesero consigli e di scrivere per loro agli innamorati lontani. Si accordavano parlandole di sfuggita quando lei, molto pia, andava a Messa mattina e sera tutti i giorni dell'anno; poi la sera salivano in due o tre a casa sua portando due candele e l’occorrente per scrivere.

Prima Rosina leggeva la lettera che la ragazza aveva ricevuto, poi ascoltava la risposta che avrebbe dovuto scrivere. Se la storia non la convinceva invitava la fanciulla a ragionarci su. Finiva che non sempre Rosina riportava quello che avrebbe voluto la committente ma adattava il messaggio nel modo che le sembrava più giusto, Se una giovane chiedeva all’innamorato di lasciare la fidanzata per lei ma la nostra scrivana riconosceva o intuiva un comportamento scorretto in uno dei due, scriveva invece un addio con tanti auguri per l’avvenire, e così via. Le ragazze, ignare ed ignoranti, spedivano la lettera.

A Rosina, come onorario della sua consulenza, restavano la soddisfazione di aver compiuto il giusto e la candela rimasta.

 

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Rosina venne a Quero per assistere mio nonno gravemente infermo e sostenere con il cuore e con le braccia mia nonna Regina, disperata per la perdita di mio zio Vittorino disperso in Russia e con una famiglia da mandare avanti. Quando il nonno morì, nel 57, Rosina rimase accanto a mia nonna, restando per lei aiuto, amica e confidente insostituibile. Per me e mia sorella diventò la terza nonna, la nonna metafisica: nutrice dell'anima e del cuore.


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